Presso il Centro Culturale Aldo Moro di Bricherasio, sabato 2 maggio 2015 alle ore 16.30 sarà presentato il libro di Paola Geymonat D’Amore – L’ultimo dottore .
A cura della Biblioteca civica di Bricherasio, del Comune di Bricherasio, di Radio Beckwith Evangelica e del Centro Culturale Valdese
Interverranno l’autrice, Paola Geymonat, e Matteo Scali (Radio Beckwith Evangelica)
Ci sono libri che rimangono nelle liste dei desideri dei loro autori per molti anni, fino a che un fattore non permette al flusso delle parole di prendere il proprio corso e la storia può così iniziare ad essere narrata. È il caso de l’Ultimo dottore, il libro di Paola Geymonat D’Amore pubblicato nel 2015 dalla Fondazione Centro Culturale valdese, in collaborazione con Radio Beckwith evangelica.
Il romanzo, che si può già da ora prenotare al Centro Culturale di Torre Pellice, ripercorre la storia di Michele Gay, ostetrico, medico condotto e ufficiale sanitario, nato a San Secondo nel 1849 e vissuto a cavallo di Ottocento e Novecento in val Pellice, ma a ben vedere racconta qualcosa in più di una biografia. È lo specchio di un mondo ormai lontano in cui affondano le radici del nostro.
Attraverso il metro di una vita il lettore può avventurarsi nella dimensione locale che avevano all’epoca questioni come il dibattito tra scienza e religione, la diffusione di nuove pratiche sanitarie o i riflessi della Grande Guerra, lasciandosi cullare dai numerosi episodi di quotidianità che, visti con le lenti odierne, un po’ fanno sorridere.
Il dottor Gay – o barba dutur (zio dottore) o barba Chel (zio Michele) – era una figura eccentrica, «un genio si potrebbe dire, nel bene e nel male – racconta l’autrice – Era visto male da molti e portato in trionfo da altri, come tutti i personaggi pubblici». Due volte laureato (in zooiatria e in medicina e chirurgia), assistente di Anatomia e Fisiologia alla Regia Scuola Veterinaria di Torino, ufficiale sanitario a Villar Pellice e Bobbio Pellice. Vestiva in modo particolare: frac, bombetta e papillon; era di origine valdese ma profondamente ateo e spesso in polemica con la chiesa e i pastori. Insomma, un profilo storico accattivante e ricco di spunti.
Il punto di partenza del lavoro di ricerca tra i giornali locali d’epoca e gli archivi è stato «l’aver ritrovato un dattiloscritto in cui la sua vita era raccontata in dialetto di Bobbio da una persona che lo aveva conosciuto». Un documento prezioso che ritroviamo in appendice del volume, e che nel racconto viene messo a confronto con altre fonti storiche, componendo così un panorama riconoscibile agli occhi del lettore. Tracce e frammenti di storie da cui distillare una narrazione.
«Un territorio per il suo “benessere” culturale e identitario deve saper riflettere su di sé e soprattutto provare a raccontarsi – dice Davide Rosso, direttore della Fondazione Centro Culturale Valdese – la narrazione è fondamentale nella costruzione di un sentire comune che proprio nel confronto cresce e si consolida. Già nel 1996 la Fondazione diede vita a una collana di racconti proseguita fino al 2008 ed edita dal 1998 dalla Claudiana editrice, pubblicando un totale di 11 titoli».
«Ora, dopo una pausa di qualche anno – continua Rosso – abbiamo pensato di far ripartire l’idea di pubblicare racconti che parlassero del territorio mettendo a frutto il patrimonio custodito al Centro Culturale valdese e in generale sul territorio valligiano. Per portare avanti il progetto abbiamo incontrato l’interesse e la collaborazione dell’associazione F. Lo Bue, editrice di Radio Beckwith evangelica, che dalla sua nascita è ben fondata sul territorio e ad esso legata in maniera forte. Un progetto quindi che portiamo avanti insieme e che vuole essere un ulteriore passo nello sviluppo di quel racconto del territorio che ci sta particolarmente a cuore».
La coincidenza vuole che proprio Paola Geymonat D’Amore, nel 1996, iniziasse la collana del Centro Culturale con il libro Le galline non hanno confini. «Quella del ’96 fu veramente una scommessa e al mio libro seguirono poi molti altri autori – ci dice – mi fa piacere essere di nuovo io a ricominciare».