Non è operazione così banale il raccontarvi questa 43sima edizione dell’Artigianato Pinerolese, e questo non solo per qualche alto e basso organizzativo, ma pure per una certa sensazione di fondo, della quale vi parlerò più avanti.
Partiamo però dalla base: una tre giorni ricca di eventi e densa di spazi, con bis musicale in quelli subito precedenti. Un concerto purtroppo è saltato per pioggia, ma vedere la buona risposta per quello della sera prima dovrebbe portare a pensare per il futuro dei modi per evitare problemi simili.
Su di una mappa è stato possibile ricercare i vari punti di visita (che fa sempre un po’ esplorativo, e dunque anche ludico), da aree più gastronomiche a quelle dedicate agli artigiani veri e propri; dai piccoli produttori hobbisti a chi ha trovato un piccolo spazio nel centro per la propria bottega.
Una scelta quindi che va di pari passo alla scorsa edizione, e che da questo lato ne ha dunque ereditato tutti i pregi, confermandosi molto buona anche per i visitatori; alcuni cartelli hanno direzionato i presenti verso le diverse macro-zone, che con qualche pannellistica ad hoc in più (tipo quelle, molto carine, viste davanti alla chiesa di San Giuseppe) avrebbero dato ancor maggiore chiarezza e caratterizzazione ai vari luoghi.
Ma qui c’è già qualche ricaduta verso il disordine: avevo lodato particolarmente nel 2018 l’aver ben distinto i diversi spazi espositivi – hobbisti, cibo, espositori commerciali, scuole etc. – mentre in qualche caso quest’anno ho visto scelte un po’ riempitive, come stand più gastronomici fuori posto (a meno che fossero sponsor diretti di quelle tali aree, in quel caso, è il caso di dirlo, mi rimangio tutto), e qualche spazio raggiungibile solo grazie ad una certa curiosità. Parlo della Terrazza al Napoli, o più comunemente la salita alta lungo via Principi: uno spazio dedicato ai sapori delle nostre zone, con ottime scelte di carni, cibo a km bassi, birre e biscotti, e che solo un vero pinerolese, od uno studiatore preciso della mappa di cui sopra, avrebbe potuto trovare.
Ora però, parlando di cibo, non ignoriamo l’elefante nella stanza, ovvero la veramente stranissima scelta effettuata nel modo di gestire Piazza Marconi: credo sia la prima volta che vedo qualcosa di controproducente per una attività… a causa della stessa che la organizza.
Già alcune polemiche al proposito hanno parlato prima di me: l’area che storicamente è legata alle pause mangerecce, con diverse offerte di piatti e beveraggi (spesso con specialità provenienti da tutta Italia), è stata affidata ad una figura unica, che ha scelto di inserirsi unicamente e completamente in tali spazi; per potere ritrovare carne argentina, pesci al cartoccio o qualche arrosticino ci si è dovuti spostare in un risicato angolo tra piazza Cavour e via Lequio, con tavolini alti e stretti da bar che non si adattano così bene per potersi gustare con calma, e con comodità, alcuni dei piatti disponibili. Intendiamoci: sul piano di utilizzo e visivo il lavoro che è stato fatto in piazza Marconi non solo è da catalogarsi come buono, ma forse uno dei migliori di sempre. La scelta di sfruttare la rotondità della piccola piazzetta in punta alla via per un chiosco attivo adibito a birre e cocktail, con tanti tavolini sull’intorno è veramente bella ed efficace. E poi arriva la classica area con tavoli e panche, disponibili unicamente a chi avesse voluto mangiare qualcosa dal menù evidentemente ristoratorio proposto; molti di voi ora diranno “e beh, è corretto: hanno voluto inserirsi solo loro, quindi se vuoi sederti lì devi mangiare per forza cose loro”, quindi due riflessioni al proposito. A parte il fatto che da una scelta drastica del genere è l’evento a perderci, eliminando uno dei punti d’incontro più noti della rassegna (perchè no, non tutti vogliono mangiare quel tipo di cibo in quel momento, come vedrete tra pochissimo), ma vedo come francamente incomprensibile perchè non lasciare questi spazi a disposizione di chi abbia optato per uno street food più rapido e per questo anche più legato al discorso “mangio qualcosa e poi ritorno a visitare cose in giro per l’evento”… venduto dallo stesso organizzatore!
Un risultato ad esempio di ciò la serata di venerdì: per la prima volta ho potuto assistere allo spettacolo di quelle panche per metà vuote alle 20.30, quando già trovare un posto libero era veramente difficile; al fianco, grandi code per un hamburger e patatine, con persone che cercavano dove piazzarsi dopo avere occupato in poco tempo i tavoli più da dehor di bar dell’intorno. Volevano forse invogliare così la gente ad avere un “di più” gastronomico per avere l’utilizzo delle tavole? Sarà quel che sarà, ha funzionato ben poco.
Camminando per le vie e le piazze pinerolesi “artigianatizzate”, ho avuto però quest’anno una sorta di strano senso di malinconia.
Ho letto via social vari un sacco di classici dispregi al ritrovare “meno artigiani di una volta”, dove spero che quell’una volta corrisponda almeno a vent’anni fa e non alle edizioni dei primi duemila, che già scarseggiavano parecchio al proposito. La sensazione però è un’altra e cioè che non si debba fare un discorso di proporzioni, ma di accettazione temporale: gli artigiani scarseggiano perchè nel 2019 essere un artigiano puro, che scolpisce il legno o batte il ferro è una scelta coraggiosa ed azzardata. Non è solo più un discorso di cose d’elite perchè fatte a mano, ma di mancanza nel mondo di oggi di figure simili ad ampio spettro: o seguono espressamente strade artistiche (e dunque ben vengano pittori, scultori e fotografi), oppure devono forzatamente andare in maggiore quantità su lavori seriali, vivendo tra il rischio di passare per produttori di lusso o viceversa di prodotti con troppo lavoro alle spalle per risultare concorrenziali in un mercato aperto, ed aperto a livello internazionale.
A tal motivo mi ritrovo a scrivere, a fine articolo, che forse la scelta migliore nei prossimi anni potrebbe essere quella di indagare più a fondo i nuovi artigiani: quelli 2.0, quelli dell’era digitale, per capire non solo chi faccia tutto “come una volta” (salvo chi vada proprio di molto indietro, come le fotografie con le tecniche Novecentesche che vedete nella foto a lato, ma che così diventa curiosità), ma cosa sia nato, cosa si sia evoluto da tutto ciò, in modo da attirare anche visitatori di età un po’ più giovane della media vista. Già a partire dal venerdì sera Pinerolo si riempiva con forza… e quest’anno anche, ma un po’ meno. E se l’interesse va a sfumare via, si rischia di perdere la grande occasione che è questo Artigianato Pinerolese.
Infine, prima di lasciarvi con le immagini scattate durante la Rassegna, una piccola precisazione: ci hanno contattato in molti per sapere informazioni riguardanti l’evento “Pinerolo Ludica” tenutosi durante domenica 8: tengo a precisare che si è trattato di un evento differente dal Pinerolo In Gioco, con diversi scopi e proporzioni, e che dunque noi ci dissociamo da tutto quanto gli riguardi e soprattutto dalla promozione inesatta dello stesso, da noi non voluta ma con scarso risultato.
Ed ora le foto: