American Graffiti, il musical a Villar Perosa venerdì 17 febbraio

Venerdì 17 febbraio 2017
Ore 21,00
Ingresso euro 15,00 (ridotto euro 13,00)

American Graffiti, il fascino del musical
Terzo appuntamento della stagione teatrale 2016-‘17, al Cinema-teatro “Una finestra sulle valli” di Villar Perosa, sotto il segno del musical. Mentre sul fronte cinematografico La La Land (presto in arrivo anche sullo schermo di Villar Perosa), forte delle sue 14 nominations agli Oscar e di un travolgente omaggio all’epoca d’oro del musical hollywoodiano, si appresta a fare il pieno di statuette nella”notte delle stelle” di Los Angeles, a Villar Perosa va in scena un appuntamento di assoluto prestigio con protagonista, per l’appunto, il musical.
Alla “Finestra sulle valli” è infatti in cartellone American Graffiti, titolo del film cult di George Lucas (1973), sinonimo del “mito americano”. Settant’anni di storia musicale d’America, firmata dall’ensemble del Teatro Regio di Torino formatosi nell’ambito del progetto “Il Regio itinerante”: Manuela Giacomini soprano, Alejandro Escobar tenore, Alessandro Dorella clarinetto. Marco Polidori violino, Davide Ghio contrabbasso, Giulio Laguzzi pianoforte. Saranno loro, venerdì 17 febbraio (ore 21,00) a ridare suoni, calore ed emozioni a pagine di musica entrate nella leggenda: racchiuse sotto il titolo Smoke Gets in Your Eyes verranno riproposte l’Ouverture da Funny Face, Over the Rainbow, Smoke Gets in Your Eyes, «Maria», da West Side Story, «A Little Fall of Rain», da Les Misérables, Dog Breath Variations di Frank Zappa, l’Ouverture da Candide, New York, New York, «Nothing More than This», ancora da Candide, l’Ouverture da Kiss Me, Kate, «Spring Will Come Again», da Peter Pan. Momenti imperdibili, eseguiti da un sestetto d’accezione.
Ad aprire il concerto, l’Ouverture raggiante di Funny Face. Quando nel 1927 il musical scritto da George e Ira Gershwin arrivò all’Alvin Theatre di Broadway, con i suoi seducenti Adele e Fred Astaire, fu proprio in quella sala che il ballerino danzò per la prima volta in frac e cappello a cilindro, stigmatizzando l’immagine di un mito. Un’altra visione ineffabile è quella di Judy Garland incantevole protagonista nel Mago di Oz (il film di Victor Fleming del 1939), interprete con la sua voce di quella straordinaria miscela di arcobaleno e speranza che è Over the Rainbow.
Un lungo filo conduttore porta dall’operetta Roberta del 1933 (musiche di Jerome Kern, parole di Otto Harbach) al film American Graffiti, passando dalla voce di Nat “King” Cole a quella dei Platters e di Bryan Ferry: Smoke Gets in Your Eyes, melodia tra balli lenti e intensi baci, tra solenni sbronze, corse in macchina e scazzottate, con i suoi personaggi eternamente in bilico tra adolescenza e maturità. Quello stesso mondo popola West Side Story (1957), il musical nato dalla complicità di Jerome Robbins (regia e coreografia) e Leonard Bernstein. Il mito di Romeo e Giulietta è trasferito nei bassifondi di New York, dove l’amore di Maria e Tony vince sullo scontro tra i clan rivali Sharks e Jets, e l’opera entra nella leggenda. Tra le sue punte di diamante, svetta la struggente Maria.
Con un rapido salto di trent’anni, andiamo al 1986, quando il musical di Claude-Michel Schönberg sull’adattamento teatrale dei Misérables di Victor Hugo, firmato Alain Boublil, vola in America, dopo il debutto a Parigi nel 1980. La versione inglese, una volta approdata a Broadway, tiene banco per oltre vent’anni e si aggiudica ben otto Tony Awards. Sotto la pioggia, la bella Éponine spira tra le braccia di Marius, cantando A Little Fall of Rain.
Ancora un salto in avanti, per incontrare il visionario, indecifrabile e leggendario Frank Zappa, che nel 1993 convocava l’Ensemble Modern, gruppo da camera d’avanguardia, per l’album/suite The Yellow Shark. Dentro quest’opera, il rock incontra musica colta, jazz, fusion e progressive, con pagine enigmatiche quali Dog Breath Variations – ripresa di un brano del 1969 – oggi proposto nella trascrizione di Alessandro Dorella.
Visionaria anche la lettura del Candide, ou l’Optimisme di Voltaire, trasformato da Lilian Hellman nel libretto su cui Bernstein basò il suo Candide, comico e pungente, messo in scena nel 1956. Nella scatenata Ouverture il compositore pare condividere lo sguardo caustico di Voltaire di fronte all’inganno illusorio della ragione, e di fronte ai mali del mondo, così come nell’aria del protagonista, quando “candidamente” si chiede il senso della vita, Nothing More than This. E qui, il mito di un mondo migliore, seppure ironicamente, è infranto.
Non teme certo intoppi né la ruggine del tempo New York, New York, il Leitmotiv dell’omonimo film di Martin Scorsese (1977), con Robert De Niro e Liza Minnelli. Il brano, scritto da John Kander, parole di Fred Ebb, diventerà una hit intramontabile, legata a due magnifiche tigri: Liza Minnelli e Frank Sinatra.
E ancora musical, quello colpito dalle ondate jazz di Cole Porter e di Leonard Bernstein: la rocambolesca ventura di due attori, marito e moglie, nella shakespeariana Bisbetica domata è la sintesi della celebre commedia musicale Kiss Me, Kate, che nel dicembre 1948 coniugava a Broadway il frizzante libretto di Samuel e Bella Spewack alle musiche di Porter, spumeggianti a partire dall’Ouverture. E nell’aprile 1950 varcava la soglia di Broadway il Peter Pan di James Matthew Barrie, una fantasia teatrale le cui canzoni e musiche di scena portano la firma di Bernstein. E con Spring Will Come Again (parole di Betty Comden & Adolph Green), quasi una preghiera, celebriamo il perenne ritorno della primavera. La favola riparte. Il mito riprende vita.

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